Terzigno - Ore 0.15 di martedì 5 ottobre 2010, in tutta l’area Vesuviana è una notte tranquilla, non fa molto freddo ed è piacevole stare per strada, poche auto, ma davanti ai bar della movida c’è il solito traffico di auto piene di giovani vestiti alla moda che tirano tardi. Sarebbe una notte come tante, invece all’incrocio fra via Cavour e la Panoramica uno sparuto gruppo di manifestanti anti dicarica si fronteggia con altre 50 fra poliziotti e carabinieri armati fino ai denti e pronti a caricare chiunque tenti di bloccare la strada ai grossi compattatori in arrivo dal casello dell’A30 di Palma C. dove ogni sera, da oltre 15 giorni, la Polizia concentra i mezzi provenienti da tutta la Provincia di Napoli diretti alla discarica.
All’improvviso un fischio forte come il vento che annuncia un uragano, apre la strada al primo convoglio di camion della monnezza della notte. Ve ne sono di tutti i tipi, a due e tre assi, grossi tir e veicoli speciali, intervallati dai blindati della Polizia e dei Carabinieri carichi di uomini armati e determinati a portare a termine la missione: scaricare centinaia di tonnellate di monnezza indifferenziata nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio.
Il tutto dura forse 6/7 minuti durante i quali una ventina di grossi mezzi percorrono l’incrocio e scompaiono nella notte inseguiti dai lampeggianti dei mezzi della Polizia, i pochi irriducibili presenti urlano parole impronunciabili all’indirizzo dei camion e dei loro occupanti mentre una donna si sente male per la troppa tensione. Restiamo solo noi e le forze dell’ordine a fronteggiarci in un silenzio opprimente, poi qualcuno inizia timidamente a rivolgere qualche parole agli agenti e piano piano la tensione si allenta, la signora viene soccorsa dal 118 e gli agenti si tolgono il casco e depongono scudo e manganello.
Ci accorgiamo che residenti e agenti la pensano allo stesso modo sulla discarica:” … è una porcheria, ma abbiamo ordini precisi … a casa nostra facciamo la differenziata, ma poi gli operatori mischiano tutto mentre caricano e la gente si demoralizza”. Sembrano i commenti che si sentono in piazza a San Giuseppe o a Terzigno o a Boscoreale, invece, sono agenti del reparto Mobile di Napoli a dire queste cose, persone che forse, dall’accento, vivono nei grossi quartieri a nord di Napoli e che per lavoro sono obbligati a difendere grosse camion diretti a scaricare monnezza in un Parco Nazionale invece di fare il contrario. Una follia!
Condividono: ” … si è una follia, ma sono ordini. Per noi è un lavoro, come quando tutte le domeniche facciamo a mazzate sempre con lo stesso gruppo di tifosi che vanno allo stadio solo per aggredire le Forze dell’Ordine. Abbiamo scritto decine di verbali, ma ogni domenica troviamo sempre le stesse facce ad aggredirci”.
E’ curioso il momento in cui gli agenti si rilassano e tolgono il pesante casco di protezione, indossando il basco di ordinanza. Tornano alla memoria i parà Inglesi, che a seguito di Desert Storm occuparono la città irachena di Bassora, e per darsi un tono patugliavano le strade con i baschi d’ordinanza invece dei pesanti elmetti da combattimento. Invece la nostra Polizia pattuglia le strade dirette alla discarica con i blindati e i caschi antisfondamento. Per il nostro stato i cittadini Vesuviani sono più pericolosi dei cittadini di Bassora (Iraq).
Oramai è l’una del mattino ci concediamo con una calorosa stretta di mano, in fondo siamo figli della stessa Terra, posti uno contro l’altro solo dalla malapolitica che occupa il potere da troppi anni, facciamo per tornare verso San Giuseppe ma percorsi poche centinaia di metri, in via Salvati quasi a ridosso della chiesa di S.Maria la Scala, un furgone è intento a scaricare di tutto: cartoni, scarti tessili e plastica, tutto materiale che viene da una piccola fabbrica di confezione. Allertiamo la locale stazione dei Carabinieri e il piantone ci risponde, con la voce impastata dal sonno:”Sono tutti impegnati alla discarica, non c’è nessuna pattuglia disponibile”. E così finisce la nostra notte di protesta alla discarica, è tanta la delusione che pure il sonno tarda a venire.
Mimmo Russo