Poggiomarino - Come sia potuto avvenire che un progetto destinato a San Giuseppe Vesuviano sia stato dirottato a Poggiomarino? Si tratta del contributo di svariati milioni di euro per la costruzione sul territorio del primo Comune di un impianto di “compostaggio”. Cioè di un impianto deputato a dividere la frazione umida dei rifiuti da quella secca e utilizzando batteri speciali si produce il “biogas” (metano).

Tutto normale, fino a quando non salta fuori una delibera del Comune di Poggiomarino (la n. 188 del 3 ottobre scorso) con la quale si sancisce un Protocollo d’Intesa firmato lo stesso giorno dai rispettivi siindaci di San Giuseppe Vesuviano e Poggiomarino, Ambrosio e Vastola. Si decide improvvisamente di posizionare l’impianto nel territorio di Poggiomarino (articolo 2 del Protocollo), che sarà responsabile da quel momento della stesura del progetto definitivo, diventando di fatto, l’ufficio tecnico poggiomarinese, anche coordinatore capo del procedimento.

La tortuosa lettura del Protocollo d’Intesa non chiarisce in cosa consista questo impianto, le caratteristiche (se utilizzerà liquami, scarti vegetali, o cosa altro), ne la grandezza o le tonnellate di Biogas che produrrà, ne tanto meno l’ubicazione. Si legge solo che raccoglierebbe la frazione organica dei due Comuni; e degli altri? … top secret! Bisogna considerare che un impianto di “compostaggio” è una vera discarica all’aperto, dove sono convogliati i rifiuti e poi divisi da appositi macchinari e compattati in appositi silos, normalmente interrati (ma ciò dipende dai soldi a disposizione). Ai rifiuti è aggiunto magma batterico che provvederà all’idrolisi del materiale, fino alla formazione del gas metano.

Si capisce che la concentrazione in un solo luogo di un deposito di rifiuti organici non è un bel vedere, ne … sentire. Inoltre, essendo in Campania pochissimi gli impianti del genere, non è difficile prevedere il via vai di camion ed autobotti provenienti da tutta la regione (per obbligo la frazione di umido deve pervenire al 35%). Quindi bisognerà attrezzare strade e parcheggi organizzati. In più si tratta di commercializzare (?) un prodotto come il gas.

Alla luce di tutto ciò non si sa chi dei due Comuni abba fatto l’affare, se San Giuseppe Vesuviano a passare la mano per evitare evidenti disagi ai suoi abitanti. O Poggiomarino che benficerà della inaspettata manna dal cielo che pioverebbe sotto forma di ingenti introiti derivanti dai finanaziamenti regionali, nazionali e comunitari e dalla vendita del “prodotto finito”. Ma a Poggiomarino ci sarebbe già chi starebbe mettendo i “bastoni tra le ruote”.

Dicono. “Un impianto del genere è a tutti gli effetti industriale, andrebbe allocato nella ‘zona industriale’ che a Poggiomarino è scaduta nel 1998, il primo problema sarebbe l’esproprio di nuovi terreni. Allora dirottiamolo sulla ‘zona agricola’. Ma qui sorge un problema quasi insormontabile, perché l’impianto non utilizzerebbe solo materiale proveniente dall’attività agricola ma solo, o soprattutto, rifiuti e liquidi urbani. E l’Ente locale sarebbe costretto a commissionare uno studio di fattibilità e di impatto ambientale, non prima di aver deciso una variante al Piano regolatore. Il tutto sempre che sussista la pubblica utilità, l’urgenza e l’indifferibilità dell’opera.

                                                                             Leonida Ambrosio