Il secolo scorso ha rappresentato per il cinema mondiale, uno dei periodi più fecondi e felici sotto ogni punto di vista, probabilmente i numerosi capolavori cinematografici nati in quegli anni, difficilmente potranno evere la stessa eco anche nei giorni nostri, perchè difficilmente ci saranno attori, attrici e registi, così unici e carismatici, da diventare una leggenda. Uno di questi è sicuramente il regista cinematografico inglese Alfred Joseph Hitchcock, a tutti noto per i suoi film del genere thriller, che tra ironia e suspense ha raccontato con sapiente umorismo, il vero giallo d’autore, attraverso importanti e fondamentali eventi storici, come la guerra, il nazismo e il fascismo.
Molte e varie sono le caratteristiche che contraddistinguono i film di Hitchcock, ma la più evidente è senza dubbio quella della suspence. Una parola “magica” nel dizionario hitchochiano, che letteralmente sta per “sospensione”, ed è una componente immancabile in tutti i suoi lavori cinematografici. Essa consiste nel “trascinare” lo spettatore in uno stato totale di incertezza per l’intera durata del film, nel quale le due possibili verità, e cioè l’innocenza o la colpevolezza del protagonista, rappresentano uno dei più grandi piaceri della visione cinematografica di questi film. L’altro elemento fondamentale del cinema “giallo” di Hitchcock è la sorpresa, legata naturalmente ai diversi modi di sviluppo della trama cinematografica, dove la scelta attentissima di alcuni piccoli ed apparentemente insignificanti particolari, legati all’immagine e al montaggio, rende i suoi lavori unici e talvolta atipici, mai banali. Entrambe poi (la suspence e la sorpresa) sono quasi sempre rafforzate dal sospetto, che è tipico proprio in quello della persona amata, raccontato nel film “Il sospetto” del 1941, dove la giovane moglie di un affascinante Cary Grant, viene assalita da tremendi dubbi sulla vita privata del marito, fino a crederlo un assassino.
Anche per questo il cinema di Hitchcock riesce a penetrare a fondo nella psicologia, talvolta contorta, degli individui mettendone a nudo le più intime ed inconfessabili contraddizioni. Come nel caso di “Psyco”, tratto da un giallo psicoanalitico di Robert Bloch, nel quale con gusto ed un pizzico di humon, naturamente inglese, ha affrontato il terribile e delicato “problema” dello sdoppiamento della personalità, comunemente conosciuta come schizzofrenia, e che ha rappresentato uno degli argomenti preferiti degli anglosassoni, che nel racconto di R.L. Stevenson “Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hide” hanno il loro maggiore riscontro. Seppure di origine inglese, Hitchcock non si è formato però con il cinema britannico, ma ha subito e soprattutto appreso dal cinema tedesco, quello di Weimar, che era allora tra i primi del mondo, l’importanza della funzione espressiva della luce e del taglio fotografico.
Nel suo primo vero film di successo, Hitchcock, “The Lodger - A story of the London”, già si avvertono i primi segni di quella che sarà la sua opera futura: un concentrato di elementi fatti di dubbio, angoscia e suspence. Questi parametri di paragone li ritroveremo più tardi in “Nodo alla gola” del 1948, il primo film a colori del regista, che comincia con lo svelare l’identità degli assassini fin dalla prima sequenza del film. Infatti l’intera vicenda non punta a un racconto tinto di classico ”giallo”, ma su una lunga serie di pericolosi dialoghi, giocati sulla freddezza pricologica dei protagonisti, tra i quali spicca un grande James Stewart, attore che lavorerà in altri tre film con questo regista.
Tra i quali il celeberrimo “La finestra sul cortile” del 1954, un grande capolavoro del brivido, dove è stata creata perfettamente l’atmosfera così coinvolgente e vera, per il pubblico, da sembrare esso stesso testimone di un avvenimento reale. E le citazioni non mancano, dal psicoanalitico Psyco, all’enigmatico Gli uccelli, dal leggendario Notorius all’affascinante Delitto perfetto, dalla guerra fredda del Sipario strappato, all’avvincente Intrigo internazionale, film indimenticabili che fanno ormai parte della storia cinematografica di questo grande ed unico regista, dall’aria un pò sorniona, e dall’aspetto vagamente buffo, ma dotato di un talento davvero invidiabile. Cinquantatrè lavori diretti con sagace maestria, che hanno lasciato il segno e gettato le basi per un nuovo cinema d’autore che nel corso degli anni ha rinnovato quell’impronta emotiva, presente in tutti i suoi film, che ne giustificano appieno l’enorme successo che questo genere di cinema ha avuto ed ha tuttora presso il pubblico, raffinato, di tutto il mondo. Curiose ed insolite infine le apparizioni che Hitchcock era sovente fare i tutti i suoi film, apparizioni brevissime, ma non troppo evidenti e quasi sempre ironiche, che solo uno spettatore attento e memore della figura del regista, poteva coglierne “l’interpretazione”, in tutta la sua fugace presenza all’interno della scena scelta per questo “capriccio”. In un intervista questo fu il suo commento: Le mie apparizioni all’inizio erano strettamente utilitaristiche. Più tardi sono diventate una superstizione e poi una divertente gag. Ma forse erano semplicemente un gusto in più per lo spettatore critico, per il quale l’ansia per l’attesa del momento dell’apparizione di Hitchcock, era forse un motivo in più da mettere in conto per sciogliere una lughissima suspence. Ed in questo Hitchcock era un vero maestro.