Napoli - Il secondo appuntamento, anticipato a venerdì 17 con replica domenica 19, con l’Auditorium della Rai, della stagione Sinfonica d’Autunno del San Carlo, si è tinto di puro romanticismo, per un programma che ha previsto solo musiche di Schubert. Quel mite, profondo e malinconico viennese d.o.c., uno dei pochi musicisti nato, vissuto e morto nella sua amata Vienna, contemporaneo di Beethoven, che dal punto di vista artistico, ne è forse il suo continuatore.
Due i lavori eseguiti dall’Orchestra del San Carlo, due pagine molto diverse tra loro ma entrambe assai note. Infatti la serata si è aperta con la celebre Suite Rosamunde, Op. 26, che l’autore compose per la commedia di Helmina von Chézy, una pagina che forse lo stesso autore non considerava congeniale al suo stile ne tanto meno all’altezza dei suoi successivi lavori. Questa musica di scena resta comunque la composizione più nota che Schubert realizzò per il teatro. Di ben altra natura musicale, la seconda parte del concerto, nella quale è stata proposta l’ultima monumenrale sinfonia del compositore viennese.
Si tratta della cosiddetta sinfonia “La Grande” in Do maggiore D. 944, che Schubert compose negli ultimi anni della sua vita, creando un capolavoro sinfonico, che fu molto apprezzato da Schumann, elogiandone la partitura, in un suo articolo della rivista “Neue Zeitschrift fur Musik” . Infatti non tutti sanno che parallelamente alla professione di compositore, Schumann si dedicò con passione anche alla divulgazione e “segnalazione” di giovani e maturi musicisti dell’epoca attraverso i suoi scritti giornalistici. Questa sinfonia costituisce l’apice della produzione sinfonica di Schubert, nella quale sono presenti tutte le caratteristiche tipiche della musica schubertiana. Dal denso lirismo alla soave cantabilità, legate da una magistrale tecnica compositiva, che nella sua inconsueta lunghezza, hanno dato vita ad un’opera di grande prestigio musicale, ricca di melodie mirabili dal contenuto vagamente popolaresco, che rispecchiano la sua natura colma di conflitti interiori. Conflitti che possono essere riassunti con le sue stesse parole: Quando volevo cantare l’amore, si trasformava in dolore; quando non volevo cantare il dolore, questo si mutava in amore. Così dolore e amore si sono divisi la mia anima.
La direzione, affidata al settantatreenne maestro Gerd Albrecht, ha saputo eveidenziare con maestria quei delicati passaggi di legato, di staccato, di piano e forte, con una chiara e precisa eleganza nei gesti dello stesso direttore, i cui movimenti della bacchetta si sono ridotti semplicemente all’essenziale. Il concerto è stato accolto calorosamente dal pubblico presente in sala, ahimè inspiegabilmente poco numeroso, che tra colpi di tosse più o meno fastidiosi e dai soliti vergognosi squilli dei telefonini, ha saputo gradire e giudicare positivamente, una serata all’insegna della grande musica sinfonica. Il prossimo appuntamento, in collaborazione con l’Associazione Scarlatti, è previsto per martedì 21 ottobre, in data unica; in programma musiche di Glinka, Borodin, Korsakov e Stravinsky, che saranno eseguite dall’ Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, diretta dal Maestro Valery Gergiev. Un evento grandioso da non perdere, che rientra nelle celebrazioni per i 90 anni dell’Associazione Scarlatti.
Carlo Farina