traff1.jpgRoma - Sembra essere arrivata la sconfitta per gli automobilisti che puntualmente parcheggiano la propria autovettura davanti a portoni, cancelli o passaggi di varia natura. A stabilirlo è una recente sentenza della Corte di Cassazione. Il reato commesso è qualificabile come “violenza privata”. Sancito dall’art. 610 del Codice Penale, prevede la reclusione fino a 4 anni o superiore in presenza di aggravanti. La Suprema Corte, con sentenza n. 16571 della quinta Sezione Penale, spiega che la condanna scatta soprattutto se il guidatore maleducato rifiuta di spostare subito la sua auto e chiede tempo per sbrigare i suoi comodi.

Per questo è definitiva la condanna a tre mesi e 10 giorni di reclusione per “violenza privata”, comminata ad un palermitano di 37 anni che, andato a prendere la sorella sotto casa, era entrato con l’auto nel parcheggio del condominio impedendo così l’uscita sulla pubblica via a un condomino che risiedeva in quello stabile. Ad avviso della Suprema Corte di Cassazione alla configurabilità del reato di violenza privata concorrono due elementi: la costrizione nei confronti di un soggetto a commettere, tollerare o omettere qualcosa contro la sua stessa volontà, e la persecuzione di detto scopo mediante violenza. Dunque, la volontà di impedire che un soggetto usufruisca di un suo diritto di passaggio, accompagnata da un comportamento violento che per la Cassazione è ravvisabile anche in “evidente protervia ed arroganza” è ampiamente sufficiente per integrare la violenza privata rintracciata nell’articolo 610 del Codice Penale. Dunque il maleducato di turno è avvisato. Non risponderà più delle sue azioni solo di fronte ai vigili urbani ma anche in un’ aula di tribunale.