San Giuseppe Vesuviano -La scomparsa di Antonio Gava potente e discusso uomo della Democrazia cristiana riporta d’attualità i suoi contatti con San Giuseppe Vesuviano. Di quando qui l’ex ministro aveva una delle sue roccaforti elettorali, di quando faceva il pieno di voti e in cambio elargiva posti di lavoro (Ministro delle Poste), a beneficiarne furono personalmente amministratori locali e loro familiari, oggi qualcuno di questi è ancora in auge, naturalmente si è riciclato.

Il tramite col rais di Castellammare di Stabia erano i Catapano, incontrastata famiglia democristiana sangiuseppese, che allora sceglievano il sindaco e i posti nei consigli di amministrazione. Ma l’amicizia tra i Gava e i Catapano ha inizio a ridosso del dopoguerra. Silvio, papà di Antonio e Francesco, detto Ciccio “gamba di ferro”, per via di una menomazione all’arto inferiore, sono più che due semplici amici, tra loro c’è profondo rispetto, hanno un patto d’acciaio, indissolubile. 

Un rapporto forte a tal punto che ai Catapano bastava chiedere per ricevere tutto quello che volevano dai Gava. Perché a San Giuseppe Vesuviano, nulla si otteneva, politicamente parlando se prima non si era passati attraverso la trafila assai lenta, ma anche spesso produttiva del Parco Ambrosio, residenza di don Ciccio, detto anche “o’ capostazione”. Stazione importante ed obbligata per tutti coloro che aspiravano ad un posto nella pubblica amministrazione e per i politici locali, sindaci in testa, desiderosi di candidarsi. Ma tutti erano considerati semplicemente dei galoppini elettorali.

Chi contava per Antonio Gava era solo Ciccio Catapano, siamo a ridosso degli anni ottanta, la comunità locale, ceto predominante i commercianti, vive il suo boom economico. San Giuseppe Vesuviano è una enorme torta dalla quale attingono tutti, politica e malavita, questa è luogo di “sfruttamento” per i clan camorristici, della nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, luogotenente Vincenzo Casillo o’nirone, e della nuova famiglia del duo Alfieri-Fabbrocini. Sono i giorni del rapimento di Ciro Cirillo, ad opera delle Brigate Rosse, il consigliere regionale della d.c., va salvato ad ogni costo, Antonio Gava chiede aiuto a tutti gli amici. Saprà, poi, essere riconoscente. Congetture che restano solo fantasie, l’ex ministro degli Interni dopo sedici anni di processi è uscito assolto da ogni accusa.

E’ il 1988 da Ministro degli Interni Antonio Gava è in visita a San Giuseppe Vesuviano per inaugurare il nuovo commissariato della Polizia di Stato, in via Scudieri. Ultimati i convenevoli previsti dal protocollo in queste occasioni, Gava riparte alla volta di Roma. Il folto corteo delle auto di scorta, però, devia dal percorso programmato, il veicolo con a bordo il potente uomo politico della D.c. si ferma nel parco Ambrosio (oggi via Michelangelo Ambrosio, imprenditore, rapito e ucciso dalla camorra). Don Antonio, super scortato, non può fare a meno di andare a far visita ad un caro amico, al quinto piano lo attende, il suo Ciccio, don per tutti gli altri. Sarà descritto come un incontro commovente, Catapano è in non buone condizioni di salute. Questo gesto sigillerà definitivamente il valore che la famiglia sangiuseppese rappresentò per i potenti Gava.