Roma - Chi dice che un sindaco già al secondo mandato non può prolungare, se è “intraprendente”, la sua permanenza a capo della giunta? Leggete cosa è successo. Enti locali: è legittimo il commissariamento del Comune se il sindaco viene dichiarato ineleggibile dal giudice civile a seguito della violazione del divieto di elezione per il terzo mandato consecutivo (Consiglio di Stato, sezione VI, 9 giugno 2008, n. 2767 )- E’ legittimo il provvedimento prefettizio che, a seguito di una sentenza civile - ancorché non definitiva - la quale dichiara l’ineleggibilità del soggetto che ricopre la carica di Sindaco a seguito della violazione del divieto di elezione per il terzo mandato consecutivo, dispone il commissariamento dell’ente e la successiva convocazione dei comizi elettorali.

Il fatto. Nel giudizio di primo grado è emerso che Antonio Corsi (Sindaco uscente del Comune di Sgurgola per la seconda volta consecutiva) era risultato vincitore nella competizione elettorale tenutasi il 28 e il 29 maggio 2006. In sede di convalida degli eletti, il Consiglio Comunale - pur rilevando la sussistenza della causa di ineleggibilità prevista dall’art. 51, 2° comma, t.u.e.l. (ma in considerazione del fatto che l’art. 141 non include una simile circostanza tra quelle censurabili da tale Consesso) - non ha ritenuto di dover adottare al riguardo alcuna determinazione.

Pur senza che ne venisse mai pronunciata la decadenza dalla carica con effetti ex tunc, l’ineleggibilità del Corsi era dichiarata dal Tribunale civile di Frosinone, con sentenza confermata dalla Corte d’Appello di Roma. Sulla base di questo presupposto l’Autorità prefettizia ha ritenuto da un lato che tutti gli organi dell’ente fossero “delegittimati” e, dall’altro, che l’ente stesso fosse assolutamente impossibilitato a funzionare, perciò disponendo il commissariamento e la successiva convocazione dei comizi elettorali.

Il TAR ha annullato detti provvedimenti, escludendo l’applicabilità dell’art. 19 r.d. 383/1934 (essendo quella di cui all’art. 141 t.u.e.l. norma speciale) e, comunque, insussistente la fattispecie legale del potere (impossibilità di funzionamento del Comune), sia perché la legge prevede un meccanismo compensativo della decadenza del sindaco (art. 53 d.lgs. 267/2000), sia perché detta decadenza era ancora sub judice alla data di adozione dei provvedimenti impugnati.

Il limite del terzo mandato è stato inquadrato dalla dottrina come punto di equilibrio tra il modello dell’elezione diretta dell’esecutivo e la concentrazione del potere in capo a una sola persona che ne deriva, con effetti negativi anche sulla par condicio delle elezioni successive, suscettibili di essere alterate da rendite di posizione. Sullo sfondo l’idea bilaterale della democrazia rappresentativa, che esige un’opera di self-restraint degli istituti di partecipazione popolare, in accordo con la formula di sintesi cristallizzata nell’art. 1 della Costituzione. Tale esigenza appare particolarmente pressante nei livelli di governo locale, data la prossimità tra l’eletto e la comunità, onde il rischio di una sorta di regime da parte del primo in caso di successione reiterata nelle funzioni di governo.

Il principio di libertà dei cittadini, sotteso al divieto del terzo mandato elettorale, conduce a collocare la fattispecie tra le ipotesi di incandidabilità, piuttosto che tra quelle di ineleggibilità, cui pure formalmente appartiene. In tal senso milita l’analisi della giurisprudenza costituzionale sulla distinzione tra i due istituti, richiamata nella memoria dell’appellante.su un fatto che acquisti rilevanza solo in epoca posteriore all’elezione e, comunque, con l’insediamento dell’eletto nella carica pubblica.

Si noti che tra le elezioni e la sentenza del TAR, che ha rimandato il primoc ittadino a casa, sono apssati due anni, nessuno spiega in questo periodo gli atti assunti che valore hanno avuto.